Il
percorso museale è incentrato sulla vitalità e materialità
degli oggetti piuttosto che sulle qualità più squisitamente
estetico-formali; inoltre, poiché si tratta di invitare il visitatore
ad un contatto diretto con un utensile di uso quotidiano apparentemente
ben conosciuto, ma sostanzialmente noto a pochi, sono stati adottati vari
espedienti che consentono di manipolare, smontare e rimontare un coltello
in modo da poterne valutare dimensioni e forme in rapporto alle potenzialità
di utilizzazione.
Un altro elemento guida nella realizzazione museale è certamente
quello relativo al profondo radicamento dell'attività di lavorazione
dei ferri taglienti nella vita e nei costumi della comunità scarperiese;
e ciò si legge nella diffusione delle botteghe/laboratorio, all'interno
dell'abitato e nella specializzazione di numerosi gruppi familiari in cui
il mestiere di coltellinaio si trasmetteva di padre in figlio. Non può
essere trascurato poi il confronto con la produzione di coltelli e ferri
taglienti realizzata nelle diverse regioni italiane; le tipologie dei coltelli
riflettono nei materiali e nelle forme, le caratteristiche regionali dal
Piemonte alla Calabria, dall'Abruzzo alla Sardegna, suggerendo confronti,
rivelando affinità e mettendo in luce consuetudini produttive articolate
e varie.
Appare dunque evidente come il Museo dei Ferri Taglienti sia incentrato
su un percorso continuamente mutevole ed adattabile alle diverse richieste
del visitatore e come si proietti nell'ambiente cittadino con la Bottega
del coltellinaio, vero e proprio Museo vivente in cui sperimentare la complessa
(e affascinante) lavorazione artigianale del coltello.
Infine nel laboratorio didattico è possibile condurre percorsi di
ricerca differenziati per i diversi cicli scolastici, dalla scuola dell'obbligo,
all'Università.
Il percorso museale ha inizio con una storia della multiforme presenza
del coltello nelle azioni umane, commentata da immagini colte nella immediatezza
delle raffigurazioni pittoriche della produzione artistica italiana (Sezione
1. Il coltello. Materiali per una storia). Attraverso l'approccio manuale
(banchi di montaggio) si rende poi possibile la conoscenza materica e
funzionale delle parti componenti le varie tipologie di coltelli e delle
corrispettive caratteristiche ergonomiche. Il visitatore compie il montaggio
reale di un coltello e può così valutare tutta la complessità
di utensili apparentemente semplici come il coltello da tavola (Sezione
2.Il coltello. La forma e le parti).
Un
itinerario tra la produzione di ferri taglienti e lame dei vari centri
italiani permette di effettuare comparazione e confronti tra materiali,
tecniche ed oggetti anche molto distanti fra loro sia temporalmente
che geograficamente (Sezione 3. I centri produttori dei coltelli in Italia).
La cultura e la produzione dei coltelli a Scarperia costituiscono il punto
di arrivo e rappresentano il fulcro dell'itinerario museale; la vita e
il lavoro delle famiglie dei coltellinai scarperiesi si dipanano fra memorie,
racconti e attualità, attraverso immagini e ricostruzioni dell'ambiente
di lavoro, della organizzazione sociale e familiare, del controverso rapporto
tra la professionalità artigiana e il mondo agricolo che ha caratterizzato
il panorama proto-industriale della Toscana (Sezione 4. I coltellinai
di Scarperia).
Le fogge dei coltelli, le caratteristiche costruttive, l'ampiezza del
repertorio produttivo scarperiese, sono infine restituite dagli oggetti-testimanianza
come i coltelli da lavoro dalla lama esausta per le innumerevoli arrotature,
i delicati "palmerini", temperini da scrivania e la intramontabile
"zuava" di Scarperia.
La bottega del coltellinaio (Via Solferino 15), rappresenta la parte
dell'itinerario museale in cui è possibile seguire le fasi della
lavorazione artigianale del coltello attraverso l'esperienza diretta
e perciò con un coinvolgimento anche emozionale del visitatore.
Forgia, banco da lavoro, incudine, erano le attrezzature attorno alle
quali si svolgeva l'attività del coltellinaio, aiutato nei lavori
meno pesanti da lavoratori-bambini e dalla "giratora", manodopera
femminile le cui competenze si limitavano a fornire movimento alla mola
destinata all'arrotatura delle lame.
Fotografia di Kee-Ho Casati
|