Giuseppe &
Margherita Alessi
(coppia all'antica, nati nella prima metà del Novecento,
sposati senza divorzi alle spalle)
Conducono ed animano, con il figlio Matteo, La Pentola dell'Oro: ricerca,
sperimentazione, elaborazione e pratica di cucina toscana, modi e maniere
a tavola.
GIUSEPPE, ex pittore e musicista, nato e vissuto a Firenze, acculturatosi
in ambiti artistici, è autore di tre libri di ricette, storia, filosofia
ed arte della cucina (Etruschi: Il Mito a Tavola, 1985 - Alla Pentola
dell'Oro, 1994 - Dalla Pentola dell'Oro, 1996). Ha collaborato, articoli
e rubriche, con giornali (La Nazione - Paese Sera - Firenze Mattina) e
riviste specializzate (Diana Caccia - Ristorazione Romana). Si configura,
oggi a Firenze, come il cuoco-ricercatore-storico-filosofo più vicino
e sicuro interprete della grande tradizione toscano-fiorentina umanistico-rinascimentale:
la cucina cultura del "risveglio", della capacità di creare i sapori armonizzando
sensualità e sapere. Senza perdere di vista l'aspetto "scientifico" di
manipolazioni, combinazioni, cotture e natura degli alimenti, ma con ampie
e continue digressioni esoteriche, alchemico-astrologiche.
Alla ricerca della dimensione più vera e profonda del CUCINAR-MANGIARE,
concepito come pratica mediatica privilegiata per lo stabilirsi del migliore,
più diretto, corretto, armonioso ed esaltante, rapporto tra l'uomo, la
natura ed il mondo, tra microcosmo e macrocosmo.
MARGHERITA, ex sarta e ricamatrice a mano, originaria del Mugello,
col bagaglio inestimabile della "donna di casa", collabora a tutti i livelli,
paritariamente, col marito nel condurre l'attività. E' la principale artefice
materiale delle pratiche cucinarie quotidiane che, conseguentemente, alla
Pentola dell'Oro, risultano fortemente permeate dalla sua sensibilità
"ruraleggiante"; che in perenne tensione dialettica (lui, gemelli/aria/fantasia
- lei, pesci/acqua/concretezza)
con la "urbanitas" del marito produce il naturale, spontaneo realizzarsi
di quella sintesi che, conclamatamente, nei millenni, ha rappresentato
e tutt'ora rappresenta la caratteristica più appariscente e fondamentale
della toscanità: la mirabile integrazione tra le culture contadina e cittadina,
come, anche le foto dei paesaggi del Santioli in Terra di Toscana, stanno
ampiamente a dimostrare.
Matteo
(figlio del secondo Novecento, oltre che di Giuseppe
e Margherita)
Rappresenta e costituisce il completamento della diade ermetica: l'uomo,
figlio del Cielo e della Terra. Il prodotto di un rapporto altrimenti
sterile, senza prospettive: Matteo è la Pentola dell'Oro, che si affaccia
e si proietta nel terzo millennio. L'elemento critico, progressista, con
cui la tradizione si confronta per rinnovarsi e perpetuarsi attualizzata.
Come l'accordo dissonante nella successione armonica, conferisce dinamica,
moto a procedere con la sua spinta non di rado trasgressiva e perturbante.
La conferma, in cucina, così come in musica e nella vita, dell'antica
sentenza oracolare eraclitea, filosofo, non a caso Eraclito, del fuoco
e dell'eterno trasmutarsi di tutte le cose: "è il contrasto che crea l'armonia".
Con risultato una cucina autoctona ma dal respiro cosmopolita unica in
Firenze per la sua tipicità dialettale "Aulica" però, al tempo stesso,
e "illustre" anche, così come il "Volgare" fiorentino del Trecento (humus
fecondissimo nel quale, questa cucina, affonda le sue radici) che, con
Dante, Petrarca, Boccaccio, si affermò, nobilissimo, lingua nazionale.
Una cucina familiare ricercatissima, quindi, aristocratica e popolare.
Conservatrice e innovativa insieme, parsimoniosa e ostentatoria, casta
e licenziosa, cristiana e pagana, seriosa ed irridente ogni giorno alla
Pentola dell'Oro per mano (mano di gloria?) degli ALESSI.
Una cucina (un cucinare) ambigua?
Forse.
Come il Fiorentino che meglio di tutti impersonò e cantò questa ambiguità
congenita nei toscani e il tempo in cui (tempo di "risveglio" umanistico;
tempo di "riconoscenza") la cucina/arte/cultura fiorentina affermò definitivamente
i suoi caratteri peculiari e s'impose al mondo intero: Lorenzo di Piero
de'Medici.
Fu chiamato "il Magnifico"
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