Abitanti
nel 1991: 71.257
Il
territorio del comune di Grosseto si estende per 474,33 kmq in una zona
pianeggiante della valle inferiore del fiume Ombrone. Dominio degli Aldobrandeschi
nel Medioevo, sede di diocesi dal 1138, divenne capoluogo
di provincia nel 1766. Non ha subito mutamenti di rilievo dei suoi
confini, inglobando dalla fine del Settecento le comunità di Istia
e di Batignano e, dal 1905, Montepescali.
Già in epoca etrusca, come documentano reperti archeologici
databili tra il V e il II secolo a.C., è accertata
la presenza di un piccolo abitato nella zona dove oggi si estende
l'area urbana di Grosseto. Il vero sviluppo dell'insediamento
ebbe inizio comunque nell'alto Medioevo, in concomitanza con la
progressiva rovina della vicina Roselle. Nata probabilmente come «spedale»
di transito sulla via Aurelia, Grosseto è citata in due documenti,
rispettivamente dell'803 e del 973 (in quest'ultimo viene designata come
centro castellano), che attestano, fin dalle origini, il legame
di subordinazione alla dinastia dei conti Aldobrandeschi. Anche
se lo svolgimento delle vicende successive risulta abbastanza oscuro,
è logico ritenere che il piccolo castello abbia acquistato sempre
maggiore importanza, soprattutto rispetto all'ormai decaduta Roselle,
poiché nel 1138 papa Innocenzo II lo elevò al rango
di civitas e vi trasferì la sede episcopale. Tuttavia fino
dalla metà del secolo XII si manifestarono, nella fisionomia della
Grosseto medievale, alcuni elementi di contraddizione e di debolezza:
in primo luogo la nascente organizzazione comunale si sviluppò
entro la sfera dell'autorità vescovile e rimase inserita
nel solido sistema di potere dei conti Aldobrandeschi; inoltre la piena
autonomia e lo sviluppo economico di Grosseto furono pesantemente condizionati
dalla infelice posizione della città, posta in una pianura
malsana e insicura (tanto che già nel 1179 si progettava di trasferirla
sui colli vicini) e, soprattutto, dal movimento di espansione politica
ed economica di Siena che investì il comune fin dai primi tempi
della sua organizzazione. Già nel 1151 i cittadini grossetani dovettero
prestare giuramento ai senesi per aiuti militari e per la concessione
di fondaci in una strada della città.
Più tardi, agli inizi del secolo XIII, i senesi ottennero
dal conte Ildebrandino degli Aldobrandeschi il monopolio del sale,
assicurandosi in tal modo un importante cespite fiscale, proprio negli
stessi anni in cui il conte concedeva ai grossetani spazi di autonomia
e limitati poteri anche in materia fiscale. Nel corso del Duecento,
alla lenta e graduale conquista di una maggiore indipendenza nei
confronti della dinastia aldobrandesca, fecero riscontro una serie di
tentativi di rivolta e di rivendicazioni della città minore
contro la dominante. Nel 1224 la ribellione costò a Grosseto
la devastazione della città e l'abbattimento delle mura; gli
altri effimeri tentativi compiuti nel 1259, nel 1260 e nel 1266 per liberarsi
della soggezione senese servirono solo a riconfermare la sua subalternità.
Ma il consolidarsi del potere senese non aveva d'altra parte cancellato
del tutto i diritti degli Aldobrandeschi, confermati nel 1221 da un
privilegio dell'imperatore Federico II. Ancora nel 1274, all'atto
della divisione della contea aldobrandesca, Grosseto doveva rivestire
una particolare importanza se è vero che rimase indivisa tra il
ramo di Santa Fiora e quello di Sovana. Solo tra la fine del Duecento
e gli inizi del Trecento si registrò un progressivo distacco tra
l'antica dinastia e la città, che favorì l'ascesa di un
gruppo familiare cittadino, quello degli Abati del Malia. Tra il
1310 e il 1312 questi promossero con successo, sotto il
proprio governo, due tentativi di ribellione all'autorità di
Siena, che fu costretta ad accettarne il dominio su Grosseto, ma riuscì,
nel 1317, a imporre loro un rapporto di alleanza in posizione subordinata.
Nel 1328 anche gli Aldobrandeschi di Santa Fiora cercarono, approfittando
dell'appoggio dell'imperatore Ludovico il Bavaro, di togliere agli Abati
il controllo della città, ma l'iniziativa, destinata al fallimento,
determinò soltanto un ulteriore rafforzamento della posizione politica
di Siena. Così, fra il 1334 e il 1336, dopo nuove ribellioni
dei grossetani e degli Abati del Malia, il governo senese riuscì
ad assoggettare definitivamente la città, che da quel momento
sarebbe rimasta sempre sottomessa alla repubblica, ad eccezione di un
breve tentativo autonomistico compiuto nel 1355, in seguito alla caduta
del governo dei Nove a Siena. Durante l'epoca del dominio senese furono
avviate nuove opere di fortificazione e vennero presi provvedimenti di
colonizzazione e di bonifica anche al fine di superare la crisi agricola
e demografica che stava investendo, in quel periodo, tutta l'Europa; ma
nel 1363 una nuova epidemia di peste colpì la Maremma e,
otto anni dopo, la popolazione di Grosseto si era ridotta a un centinaio
di nuclei familiari.
Successivamente, al progressivo degrado della città si accompagnarono
frequenti incursioni e devastazioni del territorio, come nel 1447
a opera delle truppe napoletane del re Alfonso d'Aragona e nel 1455 con
la spedizione della compagnia di Ventura di lacopo Piccinino. Solo negli
ultimi anni di esistenza della repubblica di Siena Grosseto riacquistò
importanza, soprattutto come estremo caposaldo territoriale dello
stato. Dopo la conquista medicea avvenuta nel 1559, quattro anni
dopo la caduta di Siena, i nuovi dominatori Vi intrapresero grandiose
opere di fortificazione, tra le quali spicca la cinta muraria,
iniziata nel 1574 sotto Francesco I e terminata nel 1593 sotto Ferdinando
I. La ripresa economica che aveva caratterizzato i primi anni della
dominazione medicea si interruppe comunque nei primi decenni del
XVII secolo con la morte del granduca Cosimo II, anche per l'abbandono
delle opere di risanamento e di bonifica. Grosseto Visse pertanto un nuovo
grave periodo di decadenza fin quasi a scomparire (all'inizio del Settecento
gli abitanti erano ormai poco più di 700). Risorse con l'avvento
di Pietro Leopoldo di Lorena al trono granducale (1765), quando la provincia
di Grosseto venne separata da quella di Siena, ma ancor più
dopo l'inizio delle opere di bonifica e di risanamento varate da
Leopoldo II (1828). Durante l'ultimo conflitto, nel 1943-44, Grosseto
fu sottoposta a numerosi bombardamenti aerei. Il 15 giugno 1944
fu liberata dalle forze partigiane. Come Firenze, Grosseto subì
nel novembre 1966 una devastante alluvione, durante la quale il
coraggio della sua popolazione e l'intelligente opera dei suoi amministratori
furono elogiati sulle pagine della stampa internazionale più qualificata.
La città ha dato i natali allo scrittore e traduttore Luciano Bianciardi
(1922-1971). Nei dintorni del capoluogo notevole rilievo storico hanno,
oltre all'etrusca Roselle, i castelli di Batignano, Montepescali e Istia.
Da vedere:
Mura Medicee, del 1564, furono trasformate da Leopoldo II nel
1835 in viali e giardini pubblici. Fortezza Medicea, imponente
costruzione della seconda metà del 1500 edificata intorno al
Cassero senese trecentesco. Piazza Dante, di epoca quattrocentesca,
circondata da portici, ha al centro una cisterna di epoca lorenese
e il monumento a Leopoldo II. Museo Archeologico e d’Arte
della Maremma, diviso in sezioni archeologiche dalla preistoria
al Medioevo, composte da reperti collezionati da Giovanni Chelli,
fondatore del Museo. Il Museo comprende anche una raccolta di Arte
Sacra. Museo Civico di Storia Naturale, di recente istituzione
(1960) illustra l’ambiente naturale della Maremma. Duomo,
dedicato a S. Lorenzo, fu iniziato nel 1294 e concluso nel 1400. Nei
secoli successivi fu restaurato più volte e nel 1840 fu rifatta
la facciata a fasce di marmo rosse e bianche. L’interno a croce
latina a tre navate conserva insieme a preziose opere d’arte,
un grande fonte battesimale quattrocentesco di Antonio Ghini.
S. Francesco, chiesa duecentesca in stile gotico, ha l’interno
ad una navata finemente affrescato. |
Parte storica riprodotta su autorizzazione della
Regione Toscana - Dipartimento della Presidenza E Affari Legislativi e Giuridici |