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embra evidente, leggendo i libri di Thomas Harris, il Dottor Lecter è persona di modi e gusti stravaganti (a dir poco), ma estremamente raffinati e ricercati.
Un "Des Esseintes" dei giorni nostri, esteta, lucidamente intellettuale, ancor prima che morbosamente sensuale. E in modo perverso, anche cannibalesco, nella ricerca del piacere attraverso il mangiare.
Neanche il pur vasto e sfizioso repertorio della cucina francese "fin de siècle" (della quale dimostra di essere esperto), che in fatto di pratiche orride è seconda a poche altre (ostriche condite e risucchiate vive; aragoste poste in brodo aromatico, legate perché energicamente palpitanti, frutti di mare fatti aprire in casseruola a fuoco lento, e così via…), sembra essere sufficiente all'appagamento delle sue brame cannibalesche in certe situazioni…piccanti.
Forse perché queste pratiche culinarie così terribili, in genere sono rivolte a creature a sangue freddo, mentre Lecter ha bisogno di calore febbrile per ottenere l'effetto desiderato. Lo dimostra chiaramente il particolare del servizio della "cena", in cui l'argenteria è prelevata direttamente dallo scaldavivande, al fine di comunicazione tattile, anche di questo calore alla persona, la procace Starling, oggetto delle sue attenzioni. Ecco allora il ricorso ad un'altra grande tradizione culinaria per raggiungere pienamente il suo scopo: quella orientale, cinese in particolare, nella quale anche animali a sangue caldo sono oggetto di "attenzione" terrificante, dalla quale, con evidenza Lecter attinge (il cervello di scimmietta viva prelevato direttamente dal cranio scoperchiato dell'animale, stretto da una gogna al collo, ad occhi spalancati, per essere ammannito nel piatto dei commensali) le modalità di preparazione "dal vivo", in tempo reale, del cervello di Krendler, terzo partecipante (in qualità di fornitore della materia prima) allo stravagante, paradossale festino erotico-gastronomico-cannibalesco di Hannibal.
Grande, indubbiamente, è la suggestione della scena.
Anche il cuoco fiorentino che si accinge a rendere omaggio agli artisti impegnati nella trasposizione del romanzo in film di sicuro successo, ne rimane contagiato, e non resiste alla tentazione di fare (solo un po', metaforicamente, ma … con sapore), a modo suo il Dottor Lecter anche lui, rielaborando in chiave "Hannibalica", franco-orientaleggiante, una sua ricetta fiorentina per la preparazione del "cervello", non umano naturalmente, né prelevato da animali vivi, ma comprato normalmente in macelleria.

Ingredienti per quattro persone:
· Il brodo ottenuto facendo bollire 15 minuti un litro d'acqua leggermente salata, un mazzetto guarnito legato ben stretto, composto da un mazzolino di prezzemolo e uno di timo freschi, lasciato poi raffreddare ed infine filtrato per panno.
· 2 cervelli di vitellone, lavati e spellati accuratamente e tenuti ben in forma immersi per 2-3 ore in acqua gelata
· 150 grammi di frutti esotici orientali secchi fatti a pezzetti piccoli
· un trito grossolano di 4-5 grandi scalogni
· la scorza (solo il giallo) di un grosso limone ed il suo succo più il succo di altri due limoni
· 4-5 spicchi di aglio sbucciati
· 5-6 foglie di salvia molto profumata
· 50 grammi di ginger fresco senza filamenti
· 4-5 semi verdi di cardamomo
· 30 grammi di farina di mandorle - ½ cucchiaino di cannella in polvere - !/2 cucchiaino di coriandolo in polvere - 1 cucchiaino di pepe bianco macinato - 1 cucchiaino di mostarda in polvere
· 3 cucchiai di zucchero
· 3 cucchiai di miele di acacia
· 1 bicchiere di vino bianco secco dal profumo floreali
· una noce di burro
· 4 + 10 cucchiai di olio di sesamo
· un dado per brodo di carne gusto delicato
· sale fino

In una casseruola portare al bollore piuttosto tumultuoso il brodo aromatico, quindi adagiate ad uno ad uno su una schiumarola, immergere in questo brodo bollente le 4 parti in cui, causa la ripulitura dalla pelle, si saranno divisi i 2 cervelli, badando di accomodarli ben composti sul fondo della casseruola e ricoperti completamente dal liquido, affinché abbiano a mantenere una bella forma e conseguire una sbollentatura uniforme; far bollire 5-6 minuti a fuoco medio a casseruola scoperta. Trascorso questo tempo togliere dal fuoco, sgocciolare i cervelli e metterli ad asciugare ed intiepidire su un canovaccio alcuni minuti. Eliminare il brodo di cottura.
Prendere ora una teglia, mettervi gli scalogni tritati, la noce di burro e quattro cucchiai di olio di sesamo, salare appena, quindi far rosolare dolcemente 4-5 minuti a fuoco medio basso, rigirando spesso affinché burro e scalogno possano leggermente imbiondire, senza prendere nessuna tonalità di marrone.
Intanto tagliare a fette trasversali piuttosto spesse (ricavarne 4-5 da ogni metà), i due cervelli; infarinarle leggermente e, quando il trito nella teglia appare al punto giusto, metterle sopra di esso, ben distese, senza soprammetterle, a rosolare anche loro 5-6 minuti per parte, badando di rimuovere spesso il tutto, per non farlo attaccare al fondo.
Appena rosolate, sgocciolarle e metterle da parte in caldo in attesa di finirne la preparazione.
Tornare alla teglia sul fuoco ed aggiungere al fondo di cottura rimasto, il vino bianco, la scorza ed il succo dei limoni, gli agli, salvia, ginger, cardamomo, indicati negli ingredienti, insieme ad un romaiolo di brodo di dado. Far restringere per 5-6 minuti, rigirando e scrostando con cura, quindi togliere dal fuoco, lasciare intiepidire, versare tutto in un frullatore.
Nel frattempo riprendere le fette di cervello e metterle di nuovo distese nella teglia svuotata e cospargerle uniformemente con i pezzetti di frutta secca.
Dopo di ciò tornare ancora al frullatore con il fondo di cottura, per aggiungervi ancora i restanti 10 cucchiai di olio di sesamo. Frullare il tutto alla massima velocità, fino ad ottenere un insieme leggerissimo e spumoso, abbastanza emulsionato. Assaggiare, ed aggiustare di sale, se necessario anche di equilibri agrodolci; versare poi il tutto nella teglia, ricoprendo uniformemente le fette di cervello e frutta secca.
Scuotere bene finché la salsa si disponga uniformemente nella teglia. Rimettere sul fornello a fuoco bassissimo e far riprendere un bollore appena accennato, per circa 8-10 minuti, scuotendo sempre dolcemente la teglia, per non fare attaccare niente né al fondo né alle pareti.
Questo secondo piatto va servito caldissimo senza alcun contorno, accompagnato dallo stesso vino usato per la cottura: un bianco fresco e delicato, tendente all'amabile, con sentore di fiori bianchi in boccio. Vivacissimo, brioso, al limite del mosso.