Il
tartufo bianco della Toscana (Tuber magnatum pico) presenta uno strato
esterno liscio, di colore giallo chiaro o verdino, e una polpa dal marrone
al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con
venature chiare, fini e numerose che scompaiono con la cottura. Ha dimensioni
variabili da quelle di una cariosside di mais a quelle di una grossa arancia,
al massimo. Emana un profumo forte e gradevole, simile all’odore
di metano o a quello del formaggio fermentato.
Ai sensi della normativa regionale la raccolta è consentita dal
10 settembre al 31 dicembre. Il tartufo bianco si raccoglie sia in un’ampia
fascia collinare interna (caratterizzata da una aridità estiva
piuttosto pronunciata), sia lungo i corsi d’acqua, nelle valli ombreggiate,
nei fondovalle umidi, nei versanti esposti a settentrione, prevalentemente
in simbiosi con pioppi, salici, noccioli, farnie, sia in areali appenninici
(caratterizzati da clima più umido) in boschi misti di latifoglie
caduche, ai margini di coltivi o di ex pascoli, in simbiosi con cerri,
carpini, ecc. L’operazione di raccolta è effettuata con l’aiuto
di cani appositamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghetto
(costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui estremità
è fissata una piccola vanga di forma variabile). La conservazione
dei tartufi viene effettuata in frigorifero, in recipienti chiusi.
In Toscana la raccolta dei tartufi ha una tradizionalità piuttosto
pronunciata; già alla fine degli anni trenta, infatti, era presente
sul territorio una cultura della raccolta del tartufo. La presenza di
otto associazioni di raccoglitori mostra chiaramente l’importanza
di questo prodotto in Toscana e il suo profondo radicamento nel territorio.
Il tartufo bianco si consuma fresco perché non è adatto
alla cottura, che gli fa perdere gran parte delle qualità organolettiche.
La Toscana si presenta come una regione estremamente vocata alla produzione
di tartufi, in particolare il suo territorio risulta molto produttivo
nei confronti del tartufo bianco che, da un punto di vista alimentare,
è in assoluto il più pregiato fra i tartufi commestibili.La
produzione del tartufo è fortemente soggetta alla stagionalità,
per questo è difficile indicarne la quantità prodotta. Per
il tartufo bianco si stima una produzione che va da un minimo di circa
30 quintali per le annate a produzione scarsa, fino ad un massimo di 330
quintali per le annate di eccezionale produttività.La raccolta
dei tartufi ha in Toscana una forte tradizione e questo è dimostrato
dal numero di tartufai presenti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori
o in consorzi di tutela che promuovono la tutela ed il miglioramento degli
ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione
del prodotto.A novembre in Toscana si tengono svariate Mostre mercato
del tartufo, organizzate dalle associazioni di tartufai delle diverse
zone (la seconda e la terza settimana di novembre a San Giovanni d’Asso,
la terza domenica di novembre a Borgo San Lorenzo e a metà novembre
a San Miniato).
Territorio interessato alla produzione |
L’areale di diffusione comprende
alcune zone dell’Appennino nord-orientale e una fascia centrale
piuttosto ampia che si estende dal Valdarno inferiore (Pisa, Pontedera)
fino al confine con il Lazio (San Casciano dei Bagni). In attuazione
della normativa regionale (L.R. 50/95), al fine di qualificare le
produzioni sono state istituite cinque aree geografiche di provenienza
del prodotto: 1 - Tartufo toscano bianco del Mugello; 2 - Tartufo
toscano bianco del Casentino; 3 - Tartufo bianco della Val Tiberina;
4 - Tartufo toscano bianco delle Colline Sanminiatesi; 5 - Tartufo
toscano bianco delle Crete Senesi.
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Produzione in atto |
Attiva. |
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